Giovanni Pons
Giancarlo Giannini è scaduto dalla presidenza Isvap ma il governo non ha ancora provveduto a sostituirlo. Né ha detto qualcosa il ministro Passera sul piano di riforma che vorrebbe redistribuire i compiti dell’authority sulle assicurazioni tra Bankitalia e Consob. Buio totale. Intanto alle 10 di sera del 20 giugno Giannini metteva sul sito Isvap il provvedimento n° 2986 con cui si autorizza la nascita della Grande Unipol. Si sapeva da tempo che Giannini e il suo braccio destro all’interno dell’Isvap, il vicedirettore generale Flavia Mazzarella, erano favorevoli all’annegamento di Fondiaria Sai dentro l’Unipol, operazione che in qualche modo farebbe dimenticare il comportamento tenuto dall’Isvap negli ultimi anni nei confronti della compagnia posseduta e guidata dalla famiglia Ligresti. Comportamento che molti osservatori hanno giudicato troppo accomodante e soprattutto molto diverso da quello tenuto nel corso del 2010 e 2011 nei confronti di Generali, alla cui presidenza sedeva Cesare Geronzi allora impegnato in uno scontro all’arma bianca con l’ormai ex amministratore delegato Giovanni Perissinotto. In quella circostanza il pressing dell’Isvap sulla compagnia di Trieste si fece sentire in maniera inequivocabile, con un susseguirsi di lettere e richieste di chiarimenti riguardo l’operazione che Perissinotto aveva concluso nel 2009 con il finanziere ceco Petr Kellner e che aveva portato alla creazione della joint venture Generali Ppf per operare sui mercati dell’est. Poiché non era stata effettuata una dovuta comunicazione degli impegni assunti dalle Generali alla scadenza del 2014 – era stata sottoscritta un’opzione put a favore del socio Kellner – impegni che avrebbero potuto comportare un esborso di circa 2,5 miliardi di euro, l’Isvap tra il 2010 e il 2011 incalzò la compagnia per fare emergere almeno nel cda tale oneroso impegno. Era quella con Ppf un’operazione che avrebbe potuto mettere a repentaglio la stabilità e la solidità di Generali, cioè i compiti principali su cui deve vigilare l’Isvap? Perissinotto ha sempre sostenuto che quell’impegno non avrebbe mai comportato la necessità di un aumento di capitale, in quanto può essere sostenuto dalla creazione di cash flow del Leone. Più che altro sussisteva un problema di informativa al mercato, in quanto quell’impegno era stato appena menzionato e in termini molto generici nel comunicato stampa che annunciava la nascita della joint venture. Dunque forse era più un problema che riguardava la Consob e molto meno l’Isvap ma in quel caso Giannini e Mazzarella ritennero di dover esercitare con grande forza la loro funzione di vigilanza sul mercato assicurativo. Forse anche per una sintonia particolare che legava il presidente dell’Isvap all’allora chairman di Generali. Molto diverso l’atteggiamento tenuto nei confronti della compagnia della famiglia Ligresti. Innanzitutto, fin dalla sua nomina per il primo mandato all’Isvap, avvenuta nel 2002, Giannini ribaltò a favore di Ligresti un precedente orientamento negativo. Gianni Manghetti, infatti, presidente Isvap nominato dal ministro Bersani nel 1997, bocciò l’acquisizione del 28% di Fondiaria da parte della Sai. Poi arrivò Giannini, appunto, nominato dal ministro Marzano che faceva parte del secondo governo Berlusconi, e con l’ausilio di qualche parere legale autorizzò la fusione tra Fondiaria e Sai finite entrambe sotto il controllo della famiglia Ligresti. E nessuno alzò un dito negli anni successivi, né l’Isvap né la Consob, quando il management di Fonsai cominciò a operare in evidente conflitto di interessi promuovendo operazioni con parti correlate, cioè con società che facevano capo a vario titolo ai componenti della famiglia Ligresti. Soltanto in una occasione, quella della vendita della Tenuta Cesarina dalla holding Sinergia (oggi fallita) al gruppo assicurativo, l’Isvap pose il suo veto. Il primo vero faro dell’organismo guidato da Giannini si è acceso soltanto nel marzo 2011 quando l’Isvap decretò lo stato di crisi di Premafin e Fonsai. Un allarme a scoppio ritardato poiché già nel 2009 la compagnia aveva registrato 342 milioni di perdita, a cui se ne aggiunsero 717 milioni nel 2010. La situazione è quindi deflagrata nel bilancio 2011 con 1,1 miliardi di rosso. E a ben vedere quel primo stato di crisi risultò assai funzionale all’operazione che si accingeva a effettuare Unicredit con il beneplacito di Mediobanca. La Consob aveva appena imposto l’obbligo di Opa ai francesi di Groupama che erano entrati in Premafin attraverso l’incursione del francese Vincent Bollorè. Con quella decisione della Commissione i transalpini furono stoppati mentre a Unicredit si spianava la strada dell’esenzione Opa proprio grazie all’intervento di Giannini che sanciva lo stato di crisi e l’obbligo di ricapitalizzazione. Mosse ben congegnate, direbbe qualcuno. A quel tempo, cioè poco più di un anno fa, il sodalizio tra i Ligresti, Mediobanca e Unicredit era ancora forte, tanto è vero che la banca investì 170 milioni di euro nell’aumento di capitale di Fonsai oltre a rinnovare i crediti a monte della catena societaria, alle immobiliari della galassia Ligresti che apparivano già in forte difficoltà. Ma il contributo di Giannini non si fermò qui. Un nuovo intervento, questa volta nel gennaio 2012, stabiliva un nuovo stato di crisi per Premafin e Fonsai funzionale a una nuova ricapitalizzazione questa volta ad opera di Unipol ma sempre sotto la regia di Mediobanca. E per la seconda volta la Consob ha esentato dal lancio dell’Opa gli attori dell’operazione proprio in virtù dei provvedimenti di Giannini. Ancora. Un ulteriore altro segno evidente del supporto che l’Isvap ha prestato a Mediobanca e Unipol è arrivato la settimana scorsa. La Consob, con lettera del 18 aprile 2012, aveva scritto alla Vigilanza sulle assicurazioni denunciando le gravi irregolarità riscontrate dal collegio sindacale nelle operazioni con parti correlate individuando gli estremi per l’invio di un commissario “ad acta” ai sensi dell’art. 229 del Codice delle assicurazioni. Ma Giannini e Mazzarella fanno finta di niente, non intervengono, fino a quando le holding Sinergia e Imco non sono dichiarate fallite dal tribunale. Solo a quel punto l’Isvap scrive a Fonsai e chiede che vengano avviate entro 15 giorni le azioni di responsabilità verso gli amministratori che hanno avvallato le operazioni incriminate, tra cui i figli di Salvatore Ligresti. Dunque Giannini in ultima istanza “scarica” la famiglia pur di procedere con l’operazione Unipol- Fonsai che viene autorizzata la sera del 20 giugno dopo un acceso consiglio di amministrazione in cui, a quanto risulta, il responsabile della Vigilanza 1, cioè colui cui spettava l’analisi sulla solidità del gruppo Unipol, non firma la relazione alla base della delibera. Giovanni Cucinotta, responsabile della Vigilanza 1, fin dagli inizi di aprile aveva mostrato perplessità sull’operazione Grande Unipol e per evitare complicazioni il vicedirettore Mazzarella si è avocata la pratica creando una struttura ad hoc che ha raccolto le carte quando sulla stampa sono comparse le analisi degli advisor di Fonsai in materia di concambi e di situazione patrimoniale di Unipol. Un blitz in piena regola da parte della struttura di vertice dell’Isvap che per due mandati ha mantenuto un rapporto a dir poco conflittuale con la struttura operativa. Basti ricordare un comunicato stampa a cura delle organizzazioni sindacali in occasione della nuova riorganizzazione che Giannini e Mazzarella hanno imposto dall’alto: «In realtà il progetto è
; ben chiaro – si legge nel comunicato sindacale -. Non interessa l’efficienza del lavoro ed una migliore organizzazione (tanto quella la garantiscono comunque i lavoratori), ciò che interessa è altro: creare un sistema di potere e di controllo e far trovare al nuovo presidente una struttura blindata, con tutte le caselle che contano ben “coperte”. Peccato che il nuovo presidente probabilmente non ci sarà visto che l’intenzione del ministro Passera e del sottosegretario Catricalà sembra essere quella dello smantellamento dell’Isvap con l’attribuzione dei poteri sul mercato assicurativo alla Banca d’Italia e alla Consob. Il tutto da realizzare attraverso un decreto legge che dovrà ravvisare gli estremi dell’urgenza quando in realtà occorrerebbe un più ragionato Disegno di legge con un personaggio di provato spessore a fare da traghettatore. Nella sostanza, i ritardi con cui il governo Monti e il ministro Passera hanno trattato la materia Isvap, hanno permesso a Giannini in maniera a dir poco discutibile il salvataggio di Fonsai salvo ricorsi al Tar o cause legali. In futuro si cercherà di voltare pagina appoggiandosi alla più affidabile Banca d’Italia. Nella foto qui sopra, il monumentale ingresso dell’Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni ( Isvap) situato in un palazzo di via del Quirinale a Roma LA DISCESA Nel grafico a sinistra, il rapido e profondo deterioramento del “margine di solvibilità”, che dimostra il venir meno della stabilità finanziaria di Fonsai. Nel grafico a destra la crescita, anche qui repentina, del “combined ratio” del ramo danni, che misura il rapporto tra i costi e i ricavi della compagnia.